Studi comportamentali affermano che l’essere umano soffre più per gli eventi negativi di quanto possa gioire per eventi positivi. Nel caso in cui si perdessero 100 euro ci si arrabbierebbe molto di più di quanto ci si ecciterebbe guadagnandoli. Questo comportamento ha un nome ben preciso ed è chiamato avversione alle perdite.

A differenza dell’avversione al rischio che ci porta a preferire, a parità di risultati, guadagni più sicuri rispetto a guadagni incerti, l’avversione alle perdite ci indica che l’uomo ha una naturale repulsione a subire le “sconfitte”.

Spieghiamolo in un piccolo esempio: nel caso in cui si andasse in un casinò, inizialmente si giocherebbero le proprie fiche con molta attenzione cercando di ottimizzarle e perdere il meno possibile ma alla fine della serata, una volta presa coscienza che gran parte delle nostre fiche è stata persa, si sarebbe molto più propensi a scommettere le ultime fiche rimanenti accettando un alto livello di rischio pur di recuperare le perdite.

Negli investimenti è la stessa e identica cosa. Seguendo queste logiche un risparmiatore è molto più propenso a vendere un investimento in guadagno e “prendere il profitto” che “accettare la sconfitta” in caso di una perdita. In questo ultimo caso egli vorrà conservare a tutti i costi il prodotto sperando che recuperi nel futuro.

Questi comportamenti sono collegati al sentimento di rimpianto che porta le persone a non riuscire a distinguere tra una “pessima decisione” e un “pessimo risultato” ovvero ci si lamenta delle perdite anche se i motivi che hanno portato alla scelta di quel prodotto di investimento sono corretti.

Molto spesso questo porta a comportamenti deleteri come ad es. quello di liberarsi delle azioni di una società solida con grandi possibilità di sviluppo durante un momento di ribasso dei mercati anziché approfittare di quel momento per acquistarne di più.

Come comportarsi di fronte a questo naturale e innato istinto?

La soluzione è molto semplice, smettere di osservare frequentemente il proprio prodotto/portafoglio. Più si controlla l’andamento del proprio investimento e più è probabile che gli andamenti giornalieri, mensili o anche annuali influenzino il nostro progetto d’investimento (magari decennale).

Nel caso in cui si sia delineata una buona strategia, probabilmente la stessa avrà bisogno di tempo per esprimere il proprio valore e quindi si consiglia di fare solo delle osservazioni periodicamente, non frequentemente, al fine di monitorare che il livello di rischio scelto sia coerente agli obiettivi prescelti o che il gestore stia facendo un buon lavoro. Anche in questo caso sarà più facile fare queste valutazioni dopo 2/3 anni dall’inizio dell’investimento rispetto che a un anno o sei mesi, tempo troppo corto per esprimere la bontà delle scelte che sono state fatte per ottiche temporali molto più lunghe.

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*Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.